sabato 14 giugno 2008

VI Triennale della Tappezzeria e delle Arti del Tessuto. Italia, la Fibra sensibile.

Triennale Internationale de la Tapisserie et des Arts du Tissu de Tournai.
Mostra Collettiva 14/06/08 > 31/08/08 - Tournai - Belgio

L'edizione di quest'anno, intitolata "Italia, la Fibra sensibile" e sotto l'Alto Patrocinio delle Loro Maestà il Re e la Regina dei Belgi, si svilupperà in 7 prestigiosi luoghi della città millenaria di Tournai: il Musee de la Tapisserie, il Mercato delle Stoffe, la Maison de la Culture, il Museo delle Belle Arti, il Fort Rouge, la Cattedrale (XI e XII sec.) e la Torre Campanaria del Beffroi (XII sec.), parte del patrimonio mondiale dell'Unesco.Tournai, una delle più antiche città del Belgio e prestigioso luogo e centro di produzione dell'arazzeria ad alto liccio, vedrà esposte le opere di una ventina di autorevoli artisti italiani contemporanei: Giuliana Balbi, Heidi Bedenknecht De Felice, Teodolinda Caorlin, Vito Capone, Domenico Carella, Wanda Casaril, Paola Cicuttini, Elena Cologni, Kela Cremaschi, Alba D'Urbano, Laura Facchini, Lucia Flego, Rosanna Gallo, Luciano Ghersi, Pina Inferrera, Federica Luzzi, Mauro Molinari, Gina Morandini, Anna Moro-Lin, Monica Notarbartolo, Lucia Pagliuca, Anna Pontel, Lydia Predominato, Sara Seidmann, Mario Tudor, Ivano Vitali.

GIULIANA BALBI
Abiti e reperti

Giuliana Balbi usa l’intreccio come fondamento del suo operare artistico; intreccio di elementi che costituiscono un singolare tessuto, in costante movimento evolutivo; attinente pertanto alla “fiber art”.
Gli elementi non sono fili, o comunque filati di qualsivoglia natura in qualche modo riconducibili alla pratica tradizionale dell’intreccio di trama e ordito. Sono sottili striscie di fotografie che s’intrecciano tra loro. Giuliana prima fotografa, poi taglia e poi ancora compone le striscie ottenute in modo da costituire un supporto strutturale che diviene abito, o - secondo una versione successiva, che immagina l’indumento recuperato da un qualche disastro - “reperto”.
Nel back-ground di tale processo creativo ci stanno due pratiche - e due passioni - differenti : quella per la tessitura, appresa all’Istituto d’Arte di Trieste e quella per la fotografia. E quest’ultima diviene funzionale alla prima. Non è che Giuliana intende distruggere, tagliuzzandole, le fotografie, al contrario esse testimoniano, nel ricchissimo immaginario così raccolto, un’atmosfera, una situazione, frammenti di reale, che alla fine connotano e costruiscono il senso dell’abito, o del lavoro in tal modo creato. Cioè la testimonianza fotografica, seppure alterata, è il sostrato dell’abito o del “reperto” che di esso si nutre acquistando di volta in volta significati diversi.





Così ci sono abiti di voci, registrate e mimetizzate all’interno dell’abito, appartenenti a una serie di persone di cui i ritratti - ridotti beninteso in striscioline - formano la struttura portante dell’abito;


oppure l’abito che espande profumo perché costruito con immagini di fiori e piante odorose da cui si ricavano le essenze profumate.






Ma c’è anche “Cordialmente da Berlino Est”, un indumento dal titolo decisamente spiazzante. Una leggera mantellina d’argento realizzata con cartoline provenienti da quella città - inviate durante il periodo della guerra fredda, quando le frasi dovevano essere contenute per attraversare i rigidi controlli politici - diviene allora memoria storica.







Ma va fatta un’ulteriore precisazione circa il linguaggio e le sue metamorfosi. Accanto alle foto ridotte in striscie ci sono gli abbondanti fili di nylon, che contribuiscono sì a rafforzare l’intreccio ma divengono anche vaporoso elemento estetico, con riferimenti tuttavia a motivazioni interiori, viluppi e nodi dell’anima che affiorano in superficie.




Specie nei reperti, i fili si allungano, grondanti, arricchiti di silicone, come se fossero l’ultimo residuo di un abito consumato. E anche le modalità d’intreccio, man mano che Giuliana lavora, si modificano, si semplificano, acquistano un arioso andamento stellare, si consolidano in una pratica che diviene sempre più fluente e sicura.

Come nel recentissimo abito d’acqua (parte di un’installazione in fieri) dove le striscie di fotografie schizzano da tutte le parti, si trasformano in zampilli di magiche fontane o scrosci improvvisi di cascata.
Maria Campitelli

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